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giovedì 8 agosto 2013

A Bocca Aperta

Incredibile come la vita talvolta ci induca a cambi di direzione improvvisi, ad accelerazioni e a rallentamenti più o meno obbligati.
Il più delle volte a sorpresa, inaspettatamente, stai camminando bella spedita, vedi la meta, ed ecco, la strada curva improvvisamente, inciampi, trovi una salita faticosissima o una discesa mozzafiato. E un paesaggio nuovo, diverso da quello che ti aspettavi, più bello o più brutto, lo scopriremo solo vivendo.

E così, mentre pianificavo la partecipazione ad altri eventi handmade, mentre il ritmo del mio lavoro ufficiale prendeva piede con soddisfazione, e mentre sognavo una vacanza in bicicletta ricca di stimoli come piace a me… mi ritrovo a sorpresa con un altro bimbo nella pancia.

Ho sempre sostenuto che non essendo piccioni (che fanno gru-gru e già depongono le uova) è impossibile per noi rimanere incinte a sorpresa. Ebbene, ho cambiato totalmente idea. Non che mio marito sia un piccione, beninteso, e benedetti siano i pisolini dei nostri figli, però… c’è qualcosa che mi sfugge. Un piccolo, piccolo particolare… Mah!

Da quattro mesi sono quindi in balìa di una tempesta di sentimenti contrastanti.

Da sempre considero un figlio come un dono, come un frutto che a suo tempo decide di maturare; con Michele abbiamo dovuto aspettare diverse stagioni per avere quella buona. Con questo la natura ha davvero fatto del suo meglio. Mi piace di poter sperimentare la differenza tra desiderare ed accettare un figlio. La seconda, devo dire, è per certi versi più difficile. Perchè se desideri hai già fatto spazio, e se il figlio non arriva è l’angoscia di quello spazio vuoto che ti fa male. Ma accettare è un’altra cosa.

Anche se in fin dei conti il bilancio è positivo (e ci mancherebbe!), mi sento totalmente impreparata all'arrivo di un altro bimbo. Non c’è ancora posto nella mia mente e nel mio cuore per un’altra persona; non c’è disponibilità a nove mesi e oltre di faticose trasformazioni fisiche. Ci sono parti di me che si sono perse per strada, di cui sento la mancanza e di cui reclamo fortemente la presenza. Ci sono progetti che stavano per decollare e a cui devo per forza spegnere il motore.

Mi sento spaccata in due: guardo Michele che mi regala ogni giorno emozioni e scoperte bellissime e mi chiedo: come farò a togliergli l’attenzione che merita? Lo farò soffrire? Poi mi guardo la pancia (già grossa al quarto mese, come a reclamare la sua esistenza…) e le chiedo scusa per non essere capace di dedicarle un po’ di affetto.
La soluzione, probabilmente, sta che non si toglierà niente a nessuno, piuttosto si moltiplicherà l’amore che è nato e cresciuto nella nostra famiglia. Ma adesso è difficile crederci. Non vedo l’ora di sentire qualche colpetto nella pancia; allora, forse, sarà naturale ascoltare e rispondere.
Mi sento un’orribile madre a non prendere l’iniziativa, e spero solo di poter rimediare a questo inizio disastroso.

Guardo il mio armadio, la mia scrivania, la macchina da cucire e la mia immagine nello specchio: troppe, troppe cose di me sono diverse da come mi piacerebbe che fossero in questo momento. Ma non ho voglia di mettere a posto il mosaico: sarebbe fatica sprecata.
Un altro tornado sta per travolgermi e io lo aspetto inerme; se ci sarà da ricostruire, lo farò tra un po’ di tempo, tra molta vita, quando forse potrò ritornare nelle zone del mio essere che ho dovuto abbandonare a malincuore, e quando forse ne avrò trovate altre così belle da non volerle lasciare più.

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